6 lug, 13.13 – PREMIO ISCHIA, PARLA LA GIORNALISTA MESSICANA TORTURATA

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LIDIA RIBEROISCHIA – La necessità da parte delle polizie internazionali di procedere con le indagini «con una marcia e velocità in più» rispetto a come si procede ora è stata evidenziata in serata, a Lacco Ameno, al Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, da Lydia Ribeiro Cacho, giornalista free lance messicana, autrice del libro “Demoni dell’Eden”. A Ribeiro è stato assegnato Premio Ischia per i diritti umani. E proprio i diritti umani, insieme alla lotta allo sfruttamento minorile e alla pedopornografia sono stati i temi che hanno ispirato l’attività e la vita della giornalista, ricostruiti in serata a Ischia. In seguito alle sue inchieste Ribeiro ha subito carcere e torture in Messico, ma dopo sette anni è stata assolta e grazie alle sue inchieste un potente uomo di affari messicano è stato condannato a oltre un secolo di carcere. «Quello che ho fatto – ha detto Ribeiro – è reportage, puro giornalismo investigativo, in una realtà, come quella messicana, in cui il tasso di corruzione e di contiguità tra uomini di affari implicati nella pedopornografia è fortissimo. Tutto è nato – ha riferito Ribeiro – dalla testimonianza di una bambina che mi ha cercato dopo aver raccontato la sua storia alla polizia e a un giornalista maschio, ma nessuno l’aveva ascoltata. Dalla sua testimonianza è nata un’inchiesta grazie ad alcuni poliziotti onesti e a un giudice onesto che è andato avanti». Ribeira ha quindi spiegato quali sono state le dinamiche che hanno portato al rapporto di contiguità tra esponenti di spicco della vita politica messicana e l’uomo di affari, poi condannato. «Il rapporto di corruzione tra questo potente messicano e uomini politici di spicco del Messico – ha raccontato – era nato dal fatto che questi politici erano ospiti di festini sessuali con bambini e bambine, che l’uomo d’affari registrava per poi ricattare i politici». «La mia vita di reporter è difficile – ha aggiunto Ribeiro – e ogni giorno devo assumere le misure di sicurezza che prendono i reporter in zona di guerra». «In Italia non ci sono esperienze analoghe», ha affermato il direttore del Mattino, Alessandro Barbano, che ha ricordato «la figura e l’impegno di Giancarlo Siani che – ha detto – col suo lavoro giornalistico aveva svelato l’inquinamento della vita pubblica».