ALTERAVANO FASCISCOLI E PROCESSI, 26 ARRESTI: GIANCARLO DI MEGLIO AI DOMICILIARI

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ISCHIA – Accesso abusivo a sistemi informatici, corruzione in atti giudiziari, violazione del segreto istruttorio, occultamento di fascicoli processuali. Sono queste alcune delle accuse mosse a 26 persone dalla procura di Napoli, che ha ottenuto dal gip altrettante misure cautelari di cui tre di custodia in carcere, 22 con il beneficio dei domiciliari e una interdittiva. L’inchiesta ha portato in carcere due dipendenti della Corte d’Appello, Mariano Raimondi e Giancarlo Vivolo, e un faccendiere, Vincenzo Michele Olivo. Tra i quattro avvocati finiti invece agli arresti domiciliari figura anche lo stimato professionista ischitano Giancarlo Di Meglio. Presso il suo studio e la sua abitazione si sono svolte accurate perquisizioni alla presenza dei pubblici ministeri, come prevede la legge. Diversi i boss che avrebbero beneficiato della sparizione dei fascicoli o di singoli atti. Agli atti ci sono intercettazioni e anche riprese video – delle telecamere installate negli uffici della corte d’Appello – che documenterebbero accordi e scambi di denaro tra cancellieri e avvocati coinvolti nell’organizzazione. Oltre ai quattro avvocati, l’ordinanza riguarda nove dipendenti pubblici tra cancellieri, commessi e operatori giudiziari; tre faccendieri, un consulente della Procura, un ispettore di polizia. Esisteva anche un tariffario per le prestazioni di quella che la procura di Napoli ritiene una associazione a delinquere finalizzata a inquinare procedimenti giudiziari, alterando anche fascicoli. Erano proprio questi dipendenti, dicono gli inquirenti, a proporre ad avvocati e faccendieri ipotesi di illecito stabilendone di volta in volta il prezzo. E ci sono anche casi di procedimenti inquinati che erano a carico di imputati per reati di criminalità organizzata, persino detenuti, per i quali l’organizzazione ha provveduto a far sparire fascicoli in attesa che decorressero i termini della carcerazione preventiva oppure a far ottenere rinvii per arrivare alla prescrizione del reato contestato. Le indagini “hanno consentito di accertare un diffuso e inquietante fenomeno di corruzione” in alcuni uffici giudiziari. Lo sottolinea il procuratore aggiunto di Napoli, Alessandro Pennasilico. I dipendenti pubblici coinvolti si sarebbero avvalsi anche dell’amicizia con colleghi che – in qualche caso inconsapevoli, in altri casi coinvolti ma non ancora identificati – li avrebbero aiutati nelle condotte illegali, con notevole danno per il corretto svolgimento dell’amministrazione della giustizia”.