CISI, IL TRIBUNALE RESPINGE LA RICHIESTA DA 629MILA EURO DI CAPOBIANCO

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Non contento di aver perso una prima causa contro il CISI, l’ingegnere Edoardo Capobianco – già dipendente del consorzio – ha voluto perderne un’altra, ma dall’importo stavolta stratosferico. Qualche giorno c’era stata la prima batosta giudiziaria avuta dall’ing.  Capobianco, che aveva accusato il consorzio pubblico isolano CISI (socio di maggioranza dell’EVI, che gestisce il ciclo idrico integrato) di non avergli corrisposto alcune differenze retributive e di non avergli versato alcuni contributi previdenziali per un importo complessivo di circa centomila euro. Come abbiamo riferito, il Giudice del Lavoro di Napoli respingeva la richiesta del professionista e si salvavano le casse del CISI: cioè, in un certo senso, si salvavano anche le tasche della comunità isolana, essendo il CISI un ente pubblico formato da tutti i sei Comuni dell’isola d’Ischia…

Ma l’ingegnere, colmo di indignazione per un presunto reato di lesa maestà ai suoi danni, aveva presentato un altro ricorso, sempre al Giudice del Lavoro. E se la bocciatura della prima richiesta era stata – ci si passi la metafora pirotecnica – un trick-track, questa volta la batosta assomiglia più a una bomba atomica. Infatti, sia in primo grado che, pochi giorni fa, in appello, il Tribunale del Lavoro ha respinto la richiesta di Capobianco di essere risarcito con la cifra record di oltre 591mila euro! Un record rimasto solo sulla carta, nel senso che è rimasto nel libro dei sogni del richiedente, scontrandosi con la dura realtà della sentenza.

Si presume che sia notevole la soddisfazione dell’attuale Liquidatore del consorzio, il dott. Pierluca Ghirelli, che si sta dannando per mettere i conti a posto sia del CISI che dell’EVI, in un’ottica di revoca di entrambe le liquidazioni e di successivi accorpamenti; così come pure la soddisfazione dell’avv. Maria Rosaria Carta, che ha difeso il CISI in entrambi i gradi di giudizio. Musi lunghi, invece, dall’altra parte, dove i difensori del Capobianco sono stati gli avvocati Carmine Bernardo e Nunzio Rizzo. Come detto, già in primo grado il Giudice del Lavoro aveva frustrato le aspirazioni del Capobianco (sentenza n. 381/2010). Questi aveva argomentato di aver subito un grave danno essendo stato, sostanzialmente, ridimensionato notevolmente rispetto al ruolo di direttore generale. Il Capobianco era stato assunto nel 1977 dal CAFI, il consorzio precedente al CISI; quindi, nel 1981, era stato “promosso” direttore. Quando il CAFI si è trasformato in CISI, nel 1997, Capobianco conservava la carica, circostanza confermata con altri atti del 1998 e del 2000. Ma, nel 2004, l’assemblea dei soci del CISI (vale a dire gli stessi Comuni dell’isola d’Ischia) revocava gli atti favorevoli a Capobianco che, di colpo, perdeva sia la carica sia i rispettivi emolumenti.

Da qui partiva una battaglia giudiziaria che si è snodata su più fronti e che trova ora una parziale conclusione in questo “uno-due” da KO. Con sentenza n. 2379 del 2018, dunque, la Corte di Appello di Napoli, sezione controversie del lavoro, ha rigettato ancora le richieste del Capobianco. Il collegio, composto da sole donne, era presieduto dalla dott.ssa Valeria Migliucci e dai consiglieri dott.ssa Rossana Brancaccio e dott.ssa Chiara De Franco. Per ora è stato pubblicato il solo dispositivo della sentenza, che è scarno e sintetico come tutti i dispositivi, limitandosi a stabilire il rigetto dell’appello e compensando tra le parti le spese processuali. Per le motivazioni si dovranno aspettare i tempi tecnici di pubblicazione.