Ha dato vita ad uno straordinario successo il connubio tra l’associazione Actus Trgicus e la compagnia teatrale degli Uomini di Mondo, con il patrocinio del Comune di Forio e la collaborazione dell’associazione Radici.
Ancora una volta, Forio ha mostrato la sua propensione a palcoscenico naturale, che si sposa perfettamente con le manifestazioni culturali organizzate in loco.
E, ancora una volta, è stato il vicoletto del Torrione ad essere l’assoluto protagonista. “Scarium” il suo nome originario latino, col significato di “cantiere navale”, volgarizzato “Scaro”. Un vicolo sghembo, tortuoso, che sbuca sul porto di Forio, destinato nei tempi addietro alla costruzione delle navi.
Un vicolo che, nelle serate dall’11 al 13 settembre, ha potuto accogliere la Forio dei tempi che furono, dagli anni delle incursioni del temuto pirata saraceno Dragut ai più recenti anni del dopoguerra. E così, il numeroso pubblico, sotto l’accurata guida di Pierpaolo Mandl nelle vesti di moderno Virgilio, accompagnato dalla Banda Giovanni XXIII, ha incontrato, in un percorso storico – teatrale, gli antichi abitanti del comune turrito, quei personaggi che caratterizzano la storia locale, tramandata di generazione in generazione. Grazie alla sapiente regia di Valerio Buono e agli appassionati testi di Corrado Visone, hanno rivissuto quindi Giovanni Maltese, il noto artista, poeta, scultore che tanto amava il suo popolo e le sue radici foriane, marito della pittrice Fanny Jane Fayrer: la sua antica dimora, il Torrione, è stata visitata, unitamente alle sue opere, dal pubblico presente; Caterina D’Ambra, donna coraggiosa che dall’alto dell’ingresso di Palazzo D’Ascia, ha urlato al pubblico la sua storia, raccontando di una vita animata da rabbia ed inestinguibile sete di vendetta nei confronti di quei soldati che, perlustrando le strade di Forio, per uno sciocco errore, assassinarono suo fratello. Lungo il cammino si è poi incontrata Tolla, l’intrepida vecchia che, durante la peste del 1656, trasportava col suo carretto fino alla chiesa di S. Sebastiano i “morti appestati”, appropriandosi dei cimeli o gioielli che questi indossavano e legandoseli ad un laccio appeso al collo, allora detto “cannacca”. Si è arrivati nell’androne di Palazzo Covatta, confino e rifugio per una donna che, nel luglio del 1945, fu trasferita in un’assolata e accogliente Forio: parliamo di donna Rachele, moglie di Benito Mussolini, che trascorse lì, assieme ai figli Romano e Anna Maria, i suoi ultimi giorni, circondata da persone che, con spontanea generosità, in qualche modo resero meno opprimente la sua “prigionia”.
Si è conosciuta la storia degli angoli più significativi del vicolo “Scarium”, si è potuta ammirare l’architettura dei palazzi più importanti e maestosi. Ma, con uno sforzo di immaginazione, si è potuto contemplare anche quello che oggi non è più. Un disperato Don Pietro Regine lamenterà la scomparsa di quello che era un vero e proprio fiore all’occhiello del suo paese: la cappella Regine, da lui voluta e costruita, che ha lasciato il posto, nel corso degli anni, ad anonime abitazioni.
Un percorso attraverso secoli che ha entusiasmato i presenti, un’idea originale per condividere con cittadini e (numerosi) turisti la vera essenza di Forio, “terra di poeti ribelli, sacerdoti visionari, donne coraggiose, uomini liberi”.