DON VINCENZO AVALLONE ALLA MOVEO: ULTRAMODERNI GUARDANDO AL PASSATO

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DI DON VINCENZO AVALLONE

Cari ragazzi e care ragazze della Moveo di Panza,

credetemi, non vi mando questo messaggio per una formalità, ma perché voi riuscite a coinvolgere anche me, nonostante il peso dei miei 85 anni. Sembra che voi, scavando nel passato, andiate controcorrente, perché di solito sono i vecchi a guardare indietro e ad essere “laudatores temporis acti”, cioè lodatori del tempo passato. Eppure, comprendendo bene, la motivazione che vi muove, voi non siete né anacronistici né anormali, anzi siete ultramoderni, perché in tal modo voi dimostrate di non concepire la storia umana come un rullo compressore che tutto distrugge per costruire qualcosa di totalmente nuovo e diverso dal passato; invece non è così, se no non si giustificherebbe il vostro lavoro di allestire questa mostra sul passato, e se l’avete fatto con tanto entusiasmo è perché voi credete fermamente che nel divenire storico ci sono delle portanti, dei valori (i greci li chiamavano “daimontì”), che sono immutabili e che non passano mai e che si vanno a riciclare continuamente. In un’edizione passata voi avete sottolineato questa costante storica della zappa del contadino panzese; in questa edizione 2015 vi siete sforzati di trovare questa costante ben più in profondità, nella penna a inchiostro, dandovi come motto “Scripta manent”. Il vostro è quindi uno scavare più a fondo nel cuore e nella mente dei figli della nostra terra e questo vi ha portato a documentarvi di come era la scuola dei nostri nonni e bisnonni; ma tutto confluisce nei sentimenti; com’è bello e commovente quella cartolina che un panzese emigrato in Argentina scrive ai suoi genitori: “l’oceano non ci divide ma ci fa amare di più!”.

E allora cari ragazzi e care ragazze della Moveo, siate pure sempre all’avanguardia con i vostri telefonini e computer ma continuate anche a scavare nel passato, nelle pieghe nascoste della nostra pur deprecata terra. Concluderei così questo mio messaggino: Si, è vero, tante nostre viti nelle nostre campagne stanno seccando. Ma perché? Perché forse le fosse non raggiungono più il metro e mezzo di profondità?!

Cari giovani, continuate perciò a scavare in profondità nelle varie manifestazioni della vita passata della nostra terra ormai non più piccolo paese ma graziosa cittadina, per trovarvi quel “quid” di essenziale e immutabile, quell’asse portante sul quale costruire stabilmente il nostro presente e il nostro futuro.

 

Vi abbraccio cordialmente tutti, ragazzi e ragazze.