IL CASO EMANUELE – PAPA’ FRANCO, MAMMA LUCIA E L’OMBRA DELLA SETTA

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EMANUELE ARCAMONEdi DANIELA BELLU *

Cosa pensate possa essere accaduto a Emanuele?

Franco: Se penso alla storia di mio figlio ho solo tanta confusione in testa. Una cosa che ti posso garantire è che mio figlio non frequentava cattive compagnie e non credo che qualcuno possa avergli fatto del male. Quando lui è andato via ha lasciato tutto a casa: i documenti, il cellulare i soldi che in quel momento aveva con sé. Non ti so dire se avesse delle somme di denaro di cui non ero a conoscenza, ma molto probabilmente è andato via senza niente. Forse inizialmente è andato via con l’intenzione di farsi del male, ma poi deve aver cambiato idea. Quando io l’ho incrociato per strada, poco prima di staccare dal mio turno sull’autobus, non mi sono accorto di nulla. Se solo avessi avuto il sospetto che lui si trovasse in una situazione di difficoltà mi sarei fermato, avrei fatto qualcosa. Ora vivo con quel rimorso. In quel momento ho pensato solo che magari stesse andando a fare due passi. Mai avrei pensato di trovarmi in una situazione del genere. Probabilmente mio figlio era deluso da se stesso, dalla sua vita, e ha scelto di andare via per cambiare ciò che non gli piaceva più.

Lucia: Come mamma io penso e sento che Emanuele è vivo, ma credo che non sia in grado di tornare indietro, perché impedito da qualcosa o qualcuno. Forse si trova in una situazione imbrogliata, qualche giorno fa ho anche sognato che mio figlio mi diceva questa cosa. Io e Emanuele abbiamo sempre avuto un rapporto molto stretto, credo sia anche per questo che lo sento vivo. Ma non mi spiego perché non si faccia sentire. Penso che si sia allontanato per trovare se stesso, per ritrovare una serenità e un equilibrio che aveva perduto nell’ultimo periodo. È sempre stato un ragazzo molto sensibile, che si fa coinvolgere dalle cose e forse ha preso la decisione di andare via per fare qualcosa di buono.

Ci sono stati numerosi avvistamenti a Milano, di cui uno importante, perché ad aver visto un ragazzo che potrebbe essere Emanuele è un amico di famiglia, un ragazzo che conosceva bene vostro figlio…

Franco: Sì, si chiama Graziano. Questo ragazzo il 17 aprile 2013 – pochi giorni prima della scomparsa di mio figlio, quindi – era a una cena a casa mia, e stava seduto proprio di fronte a Emanuele. È quindi un avvistamento attendibile, anche se ovviamente la certezza non la possiamo avere.

Lucia: In tutti gli avvistamenti a Milano, per come mi sono stati raccontati, ho ravvisato degli aspetti di mio figlio che ho riconosciuto. Sia nel racconto di una signora che gli ha offerto il pranzo in un parco milanese, come fa con questi ragazzi che vivono per strada, che nel racconto di una famiglia che ha incontrato un ragazzo molto somigliante a Emanuele su un autobus. Alla prima signora non ha fatto altro che ringraziarla per il piatto di pasta che lei gli ha offerto e le ha detto che era via di casa da un mese, cosa che coincideva. Sull’autobus mentre parlava con quella famiglia avrebbe detto, parlando tra sé e sé, “Ma che me la devo prendere a fare ‘sta laurea”. E questo coincide con il fatto che nell’ultimo periodo non credeva più in se stesso, negli studi, era demotivato.

Milano era una città che Emanuele conosceva o in cui magari aveva dei contatti?

Franco: Nel 2011 siamo stati tutti a passare il Natale a Milano, perché l’altro mio figlio Pietro in quel tempo lavorava lì come pizzaiolo e non volevamo fargli passare le feste da solo. Così io, mia moglie, mia figlia Filomena e Emanuele siamo partiti per andare da lui e siamo stati lì 5 giorni. In occasione di quel viaggio sia io che Emanuele abbiamo avuto dei commenti positivi per la città e per la vita del posto, fece a tutti una buona impressione.

Lucia: A parte il Natale bellissimo che avevamo trascorso tutti insieme a Milano, mio figlio aveva avuto una ragazza che viveva lì, dopo essere andata via di casa. Forse lei gli aveva parlato così bene della città che lui poi ha deciso di andare a stare lì. Poi in città ci sono moltissimi centri, della Caritas ma non solo, dove ogni giorno vengono offerti dei pasti a queste persone che vivono per strada, sia che tu abbia un documento sia che tu non lo abbia. E quindi, forse, anche per questo può aver scelto Milano.

Nel periodo precedente alla scomparsa Emanuele stava attraversando un momento di crisi, di fragilità emotiva, dovuta a problemi nello studio, a dei lutti in famiglia, a delle situazioni pesanti come ad esempio la morte tragica di un amico. Una delle piste da seguire, secondo voi, è quella di una setta, di qualcuno che possa averlo irretito in un momento di difficoltà?

Franco: Sì, questa è una delle possibili strade. Abbiamo iniziato a pensarci quando tra le cose di Emanuele abbiamo trovato un libro, Il messaggio di Silo. Silo era un filosofo argentino che aveva elaborato una teoria che ha dei seguaci in tutto il mondo e anche in Italia. Tra l’altro poi abbiamo scoperto che proprio a giugno del 2013, a Milano in zona Navigli, è stata inaugurata una di queste comunità. Si tratta di comunità chiuse, ermetiche, anche se all’apparenza sono socievoli, aperti. È difficile riuscire a capire qualcosa. Pensa che io il libro di Silo l’ho letto almeno 30 volte e non ci ho capito nulla. In linea di massima e a parole mie ti posso dire che in questo libro si consiglia, per rinascere come persona nuova, per liberarsi dai condizionamenti, di liberarsi dai legami del posto, della famiglia. Questo ti dovrebbe portare a una vera libertà di pensiero, a una vita senza influenze. Quindi è chiaro che uno, leggendo queste cose, pensa che Emanuele possa essere andato via seguendo questi consigli. E pensi anche che qualcuno potrebbe averlo circuito, potrebbe averlo condizionato a tal punto da non farlo più tornare.

Lucia: Lo penso anche io. Abbiamo anche telefonato a questa comunità a Milano, ma loro fin da subito hanno cercato di depistarci, dicendo di provare a cercarlo a Napoli, dove c’è un’altra loro sede. Io comunque continuo ad avere questo dubbio, perchè Emanuele è scomparso l’8 maggio 2013 e l’8 giugno 2013 è stato avvistato a Milano, proprio il giorno in cui veniva inaugurata questa saletta del Messaggio di Silo in zona Navigli.

Sapete come ha fatto Emanuele ad entrare in contatto con le comunità di Silo, ad avere il libro?

Franco: Il libro lo ha trovato a Napoli, a casa della sorella di mio genero, un’insegnate di italiano che lo aveva ricevuto in regalo da un suo amico. Emanuele una sera era andato ospite a casa sua, ha trovato questo libro, lo ha preso e lo ha letto. È probabile che poi abbia fatto delle ricerche su internet. Questo non lo sappiamo.

Il giorno che Emanuele è scomparso ha lasciato Napoli per portare le ultime sue cose da voi a Ischia. Nella casa di Napoli non ha lasciato nulla? Questo può far pensare che avesse già preparato la sua fuga?

Franco: Ha portato a casa tutto nell’ultimo periodo, lasciando giusto cose senza importanza a Napoli: delle lenzuola, delle copertine. Tutte le sue cose personali le aveva portate via e quindi sì, l’idea è che possa aver organizzato tutto. Forse ha pensato che almeno in questo modo io non avrei avuto poi anche il pensiero di svuotare la casa, di pagare ancora l’affitto della sua stanza.

Lucia: Io penso che lui, prima di sparire, sia venuto a casa a lasciare le sue cose per darci un segnale, per farci capire che se ne andava. E anche perché è sempre stato un ragazzo preciso e forse voleva lasciare tutte le sue cose in ordine.

Non pensate che magari Emanuele ha fatto questa pazzia di andare via e ora non ha il coraggio di tornare a casa. Magari ha paura delle conseguenze…

Franco: Lo penso di continuo, ecco perché mi sono iscritto anche su Facebook, ad agosto scorso, e continuamente, quasi in modo ossessivo, posto dei messaggi per Emanuele, dicendogli che può tornare a casa in qualsiasi momento, che non succede nulla, che per noi la cosa più importante è che lui ci faccia almeno sapere che è vivo e sta bene, se non vouole tornare. Chissà che in qualche modo i miei messaggi non possano raggiungerlo.

Lucia: È probabile. Forse ha paura di tornare perché pensa che qualcuno possa costringerlo a prendere la laurea, ma lui dovrebbe sapere che per noi non è assolutamente la priorità, che lui può fare quello che vuole. Una cosa è certa: questo comportamento non è da lui, non mi spiego perché non si faccia sentire. È sempre stato un ragazzo dai buoni e sani principi, dolce, affettuoso, anche nell’ultimo periodo in cui le cose avevano iniziato ad andare male. E così penso che forse non è più lui, non è lucido, altrimenti non ci lascerebbe in questa angoscia.

* DA CRIMEBLOG.IT