DA IL “CORRIERE DEL MEZZOGIORNO” – “Pago io, no io”. Agosto 2012, il Comune di Napoli e la Regione Campania si contendono l’onere e l’onore di sborsare centomila euro. Dovrebbero bastare per ripulire il mare di Napoli nell’area di San Giovanni a Teduccio. Come? Attivando finalmente il contratto con l’Enel, per fornire di energia elettrica l’impianto di sollevamento e smistare al depuratore di Napoli est, peraltro da potenziare, le acque luride che dai comuni vesuviani finiscono nel mare di San Giovanni attraverso l’alveo Pollena. Centomila euro per avere un mare più pulito nel capoluogo. «Non è nostra competenza, ma ce ne faremo carico», sostenevano entrambi un anno fa. Risultato: nullo.San Giovanni a Teduccio sarà dunque maglia nera del mare inquinato in Campania. Molteplici le criticità, in quella zona.Alvei-fogna, come il Pollena. Nel porto, scarichi non depurati e lo sbocco del depuratore di Napoli est, gestito da Termomeccanica, obsoleto. Se ne attende da dieci anni almeno l’adeguamento. Mancano la linea di depurazione biologica e quella di abbattimento dei fosfati. C’è un finanziamento del Cipe da 89 milioni. «Sono partite le procedure per la progettazione», assicura l’assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, «ed è pure cantierabile, sempre su fondi Cipe (10 milioni di euro), il riordino del collettore Napoli Orientale Darsena-Marinella». A Napoli mare proibito anche a Bagnoli, dove il problema sono però gli idrocarburi policiclici aromatici che contaminano spiagge e fondali. Tuffi consentiti, invece sul lungomare e a Posillipo, dove peraltro molti tratti sono affidati in concessione o abusivamente interdetti da cancellate. Andando verso sud, Portici è balneabile, secondo l’Arpac. Nell’adiacente Ercolano, invece, mare inquinato, con l’eccezione di Punta Quattro Venti. Va completata la rete fognaria. Sono partite le procedure per la progettazione, che attingerà anch’essa ad un finanziamento del Cipe, pari a 18 milioni. Tuffi proibiti anche a Torre del Greco, a Torre Annunziata ed in gran parte del litorale di Castellammare. Almeno due le situazioni critiche, nella cittadina stabiese: il rivo San Marco, una fogna a cielo aperto che sfocia nei pressi del litorale della Villa Comunale; il mancato completamento del collettore di Gragnano. Realtà, quest’ultima, che non consente di sfruttare al meglio il depuratore Foce Sarno, potenziato e messo a norma dal generale Jucci, con una spesa di 30 milioni di euro.
I reflui dei due terzi della città di Castellammare, di Casola, Lettere, Piemonte e Santa Maria la Carità continuano a finire a mare. I lavori del collettore, di competenza regionale, sono fermi. A Sorrento problemi a Marina Grande: il rivo che finisce sulla spiaggia è spesso insozzato da sversamenti abusivi. Sempre in costiera, sono fermi da due anni i lavori per realizzare il depuratore di Punta Gradelle, nella roccia tra Vico Equense e Meta. Consorzio cooperative costruzioni ed altre imprese attendono dalla Regione pagamenti arretrati. Sono stati spesi per l’impianto ad oggi 19 milioni e si è al 46% dello stato di avanzamento del cantiere. Il responsabile del procedimento, Andrea Bovier, invita peraltro all’ottimismo: «Confido che la situazione si sblocchi entro fine mese». Unica opera del progetto realizzata, ad oggi, il viadotto che ha devastato gli uliveti del vallone di Seiano ed è stato contrabbandato come «strada al servizio del depuratore», per i camion che trasporteranno i fanghi. Peccato che l’impianto, a regime, ne produrrà pochissimi e che i mezzi potrebbero percorrere l’ordinaria viabilità. Quel serpentone di cemento è costato oltre un milione e mezzo di euro. Alcuni consiglieri comunali di Vico Equense, del gruppo «In movimento per Vico», hanno inviato un esposto alla Corte dei Conti. Nel frattempo, i liquami dei comuni della costiera, eccezion fatta per quelli di una parte di Sorrento, trattati nel locale depuratore, inadeguato, continuano ad essere inviati al largo di Punta Gradelle, a circa un chilometro dalla costa ed a 70 metri di profondità, tramite una condotta gstita dav Gori. Così come finiscono a mare, senza depurazione, gli sversamenti delle tante case abusive.
Non è un caso, d’altronde, che a settembre 2012, a stagione ormai finita, in alcuni tratti della penisola sorrentina scattò il divieto di balneazione. Le prime analisi del 2013 sembrano invece confortanti. A Capri, Ischia e Procida acque pulite, dice l’Arpac. Le isole flegree, peraltro, non hanno depuratori. Il cantiere dell’impianto che dovrebbe sorgere nei pressi del porto, al servizio di Ischia e Barano, è fermo da anni. C’è un contenzioso tra la Regione e l’ati affidataria del progetto, capeggiata da Sled Costruzioni Generali. Arcadis, che fa capo all’assessorato regionale alla Protezione civile, ha sottoscritto una transazione da 7,5 milioni. L’assessorato all’Ambiente ha chiesto chiarimenti, perché solo due anni fa i privati avevano accettato un accordo da 1,5 milioni. Sempre ad Ischia, una intesa Stato – Regione destina 43 milioni alla costruzione del depuratore di Lacco Ameno e Casamicciola e 32 milioni per l’impianto da costruire al servizio di Forio e Serrara Fontana. Pozzuoli non è balneabile, eccezion fatta per Lucrino, Arco Felice, la Pietra, Area Industriale. Sono molteplici gli scarichi di fogna che finiscono direttamente a mare. Stessa situazione a Giugliano. Mancano i collettori: c’è un accordo della Regione con lo Stato, che stanzia un milione per realizzarli. A Licola sfocia anche il depuratore di Cuma, uno dei 5 che Hydrogest avrebbe dovuto mettere a norma e potenziare, nell’ambito della finanza di progetto varata anni fa e mai attuata. L’impianto è ora affidato al commissario Nicola Dell’Acqua. Il rifacimento delle vasche di ossidazione ha migliorato la qualità dell’acqua in uscita dall’impianto, ma resta molto da fare, compresa la linea di abbattimento dei fosfati.
Entro giugno, annuncia l’assessore regionale Romano, partiranno le gare, finanziate da uno stanziamento europeo da 53 milioni e mezzo. Dopo troppe delusioni, si spera che sia davvero la volta buona, in una vicenda, quella della depurazione, nella quale non sono mancati i soldi, in passato, ma la volontà e la capacità di portare a termine le opere. Scarichi abusivi ed inadeguatezza degli impianti precludono attualmente ai tuffi circa il 20% del litorale campano, comprendendo anche porti e foci dei fiumi, permanentemente interdetti. «Tra poco rischiamo di trovarci in una situazione peggiore di quella dei rifiuti», commenta Paolo Persico, del circolo del Pd Faro del Sarno. Modesta consolazione, la Campania è in buona compagnia. Sull’Italia incombe infatti una maxi multa dell’Ue per mancata depurazione.