ISOLE COVID FREE IN ITALIA PER SALVARE LA CULTURA

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DI LUCA DE FUSCO

TRATTO DA HUFFINGTON POST

Colpisce in senso ovviamente positivo l’idea della Grecia di realizzare delle isole covid free, anche per la sua facile traduzione in Italia. È infatti logico che il flusso di entrata delle persone sia molto più facile da controllare in una piccola isola che in una grande città. Le modalità di accesso, per esempio, a Roma sono di enorme quantità e varietà. In un’isola invece i modi di sbarcare sono inevitabilmente contenuti. Quanto è stato fatto in Grecia si potrebbe replicare nelle piccole isole, penso per esempio alle Eolie, con vantaggi che non sarebbero riservati agli abitanti delle isole stesse ma si allargherebbero all’intera regione.

É facile immaginare come una Capri covid free rimetterebbe in moto un grande interesse turistico non solo per l’isola ma per tutta la Campania. Si potrebbe anche pensare più in grande e puntare su un obiettivo di rilevante valore strategico e simbolico. Se si riuscisse a far diventare protetta dall’epidemia una città come Venezia i vantaggi sarebbero enormi: gli operatori turistici di tutto il mondo saprebbero di poter assicurare un viaggio a Venezia con limitatissime possibilità di contagio. L’Italia potrebbe tornare ad avvalersi della capacità di attrazione di una delle mete turistiche più importanti del mondo. Venezia, lo si dimentica spesso, è un’isola. Le possibilità di accesso sono molto poche e, per quanto laborioso, il controllo di tamponi a piazzale Roma, alla ferrovia, in aeroporto sarebbe certamente uno sforzo organizzativo enorme, ma non impossibile. Venezia inoltre non è solo una meta turistica ma anche un centro culturale di grande importanza. Renderla covid free vorrebbe dire mettere in salvo le varie manifestazioni della città. La Biennale, Palazzo Grassi, Il Guggenheim museum, le gallerie dell’Accademia e tante altre istituzioni culturali veneziane potrebbero tornare vitali.

Si potrebbe anzi prendere esempio da Venezia e dal progetto, ancora vitalissimo, del Conte Volpi di concentrare in una realtà relativamente piccola molte attività culturali. Mi chiedo da molti anni perché non abbia mai attecchito un festival di spettacolo dal vivo di rilievo nelle isole napoletane. In luoghi, come Capri, che pure hanno avuto una intensa frequentazione di intellettuali e persone di spettacolo. Il teatro napoletano, tra i più vivi, potrebbe andare “in esilio“ a Capri, Ischia, nella Procida capitale della cultura. Lo stesso discorso vale per Taormina: la rocca nella quale è situata è inespugnabile quasi più di un’isola. Se si rendesse la località covid free sarebbe possibile, anche se ovviamente non facile, proteggerla da nuovi visitatori, che dovrebbero naturalmente essere sottoposti a tampone, se non già vaccinati. Nel teatro antico di Taormina potrebbero rifugiarsi “in esilio” le attività dei teatri musicali di Palermo e Catania, quelle degli stabili di prosa di entrambe le città. Gli spettacoli annullati, o rappresentati senza pubblico, si potrebbero riunire a Taormina, in attesa di essere riproposti nelle sedi tradizionali.

Contro quest’idea sorgono naturali almeno due obiezioni. La prima è ovvia “perché a loro sì e a noi no?” può dire qualunque italiano che non abiti a Venezia, Capri o Taormina. La risposta sta nel semplice buon senso della regola la politica, notoriamente “arte del possibile“. In attesa che l’intera nazione diventi covid free si deve pur iniziare da qualcosa. La seconda è la difficoltà tecnica organizzativa. Certamente stiamo parlando di una realizzazione non semplice ma i patentini la renderebbero meno difficile, tanto da far immaginare a regioni come il Veneto e la Sicilia un’estensione addirittura all’intero loro perimetro del progetto che ho accennato. Non va sottovalutato l’aspetto festivaliero che ho già accennato. Un incremento delle attività “in esilio” non renderebbe solo più attraenti le mete turistiche. Aiuterebbe anche a lenire la situazione assolutamente disastrosa dei lavoratori dello spettacolo. Recenti statistiche hanno evidenziato che questa categoria è la più colpita in assoluto dai divieti della pandemia. A questa crisi si risponde “mettendo in sicurezza“ i teatri che possono incassare le sovvenzioni senza dover presentare un minimo di attività. Questo sta salvando i teatri ma sta ammazzando i teatranti. Se le istituzioni finanziate dallo Stato per fare teatro ricevono le sovvenzioni anche facendo pochissima attività è chiaro che faranno sempre meno spettacoli. Se invece si creano delle isole dove lo spettacolo dal vivo è permesso, tutti ne avranno da guadagnare e nessuno da perdere. Poi, quando tutto sarà finito, ci ritroveremo finalmente una rete di festival paragonabile agli altri grandi paesi europei.