LA TESTIMONIANZA – PICCHIATA DAL MARITO: VI RACCONTO IL MIO INFERNO

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Lucia, la chiameremo così (è un nome di fantasia e tra poco capirete il perché), è la protagonista di una storia che ha deciso di raccontare al quotidiano Il Golfo in edicola oggi. Parole pesanti, drammatiche, profferite comunque senza odio né cattiveria: e già questo, dopo quello che ha passato, rendono l’idea di una nobiltà e purezza d’animo assolutamente fuori dal Comune. Anche perché quello che racconta Lucia è la cronaca di una vera e propria odissea, per la serie all’inferno e ritorno, perché adesso la speranza è che tutto sia davvero alle spalle e si possa voltare pagina. Lucia è la moglie di A.S., l’uomo che di recente è stato condannato alla pena di sei anni e quattro mesi di reclusione con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. E’ agli arresti domiciliari dallo scorso mese di gennaio e per adesso è in questo regime di detenzione che sta scontando la pena inflittagli dai giudici del Tribunale di Napoli, che non gli hanno concesso le attenuanti generiche e gli hanno pure revocato la patria potestà. Per farla semplice, non nutrono dubbi sulla sua colpevolezza. Ma questa è una storia che se per certi versi sembra simile alle altre non lo è. A.S. caratterialmente non è mai stata la persona più pacata di questo mondo, ma la sua spirale di violenza nei confronti della consorte non è il frutto di una lenta deriva ma nasce in maniera quasi casuale ed improvvisa, e quel “quasi” non è certamente involontario.

«E’ vero, forse non è sbagliato spiegare che la mia è una storia particolare – inizia il suo racconto Lucia – mio marito si presenta a casa un giorno e comincia a dire di essere stanco, stufo, e che vuole vivere una nuova vita. Presumo con una nuova compagna. Ma non è tutto, perché poi comincia anche a pretendere come debba chiudersi il nostro rapporto matrimoniale. Comincia a dettare una vera e propria agenda di quello che bisognava fare e non bisognava fare, insomma mi sono trovata dinanzi a delle pretese che era assolutamente impossibile soddisfare». Anche perché alcune di queste, come ci racconta Lucia, erano francamente improponibile:  «Ti basti pensare che a un certo punto mi chiese di firmargli una carta nella quale io confermavo di averlo sempre tradito, di aver avuto rapporti extraconiugali. Quando ha capito che non poteva determinare lui come chiudere il nostro matrimonio, allora gli eventi sono purtroppo precipitati. La situazione si è pian piano incancrenita fino quando nella notte del primo maggio dello scorso anno mentre io dormivo… lui mi ha usato violenza, picchiato e maltrattato, oltre ad avermi offeso in maniera furibonda. Il giorno successivo, poi, non mi ha chiesto scusa ma addirittura ha avuto il coraggio di dirmi che mi era andata bene e che la prossima volta sarebbe finita peggio».

Sono segnali inequivocabili di una situazione che sta andando fuori controllo e Lucia lo capisce da sola. «Lui mostrava tutto il suo astio e la sua rabbia perché non facevo quello che lui voleva – continua il suo racconto – volevo evitare certe cose ma il 7 maggio sono andata all’ospedale Rizzoli per farmi refertare perché avevo ancora addosso i segni di quell’inaudita aggressione: non è un caso che fui sottoposta anche a Tac ed altri accertamenti. La prognosi fu di sette giorni. Quando lui venne a saperlo l’indomani, successe il finimondo fino a quando l’11 maggio andò via di casa». Arriva poi il momento, inevitabile, in cui la questione sfocia nel penale. Succede a luglio, quando Lucia sporge denuncia querela contro A.S.: «Lui, come detto, non dormiva più a casa ma vi si recava tutti i giorni, con la scusa dell’orto, la campagna ed altre cose. Ripeteva che era casa sua e faceva quello che voleva, continuava a minacciarmi in maniera continua, anche di dare fuoco a me e alla casa. Non potevo rimanere a guardare e mi sono rivolta alle forze dell’ordine». Ma anche questo, evidentemente, non è servito a placare l’uomo: «Macchè, anzi si è arrabbiato ancora di più, diceva che non mi sarei dovuta permettere. Da quel momento ho vissuto momenti terribili: me lo ritrovavo alla spiaggia, lungo la strada, di notte che gironzolava attorno alla casa, è stato un periodo drammatico perché ho avuto paura per me ma anche per i miei figli. Ha anche avuto il coraggio di minacciare i miei genitori, persone anziane. Credimi, ho vissuto un incubo…».

Quella di Lucia è un’odissea, un inferno, ma all’improvviso spunta un personaggio inatteso nei panni di angelo custode ed è lei stessa che ci racconta l’episodio che finirà col rappresentare una vera e propria svolta: «Inizialmente mi sono rivolto a un legale, poi a un altro – spiega – ma sull’isola non riuscivo a trovare la necessaria empatia. Insomma, io ero la parte lesa in questa storia ma ho avuto quasi l’impressione che alle volte questo concetto non fosse chiaro. A novembre mi rivolgo all’avvocato Michele Riggi, un grandissimo uomo prima ancora che un brillante professionista: mi ha ridato la speranza, è stato straordinario. Non solo mi ha ampiamente creduta, ma anche aiutata. Grazie a lui arrivo finalmente alla Procura della Repubblica, chiedevo da tempo di essere ascoltata da un magistrato. A dicembre ci sono riuscita e, guarda caso, il 12 gennaio mio marito è finito agli arresti domiciliari. Il Tribunale del Riesame gli ha negato la scarcerazione e poi lui ha chiesto il rito abbreviato, con i risultati che ormai sono noti. Lo ripeto ancora una volta, in questo incubo voglio ringraziare davvero di cuore il mio legale, è stato di una disponibilità unica».