DI GAETANO FERRANDINO
L’anomalia, inutile nasconderselo, esiste eccome. Un po’ sull’intera isola d’Ischia ma nel cosiddetto Comune capofila in maniera decisamente più marcata. D’altro canto – come sottolineato nell’accorato appello lanciato nei giorni scorsi da Ermando Mennella e da Federalberghi – se le abitazioni ad Ischia concorrono per appena lo 0.44% alla copertura del costo del servizio, c’è ben poco da discutere. Il peso del ruolo, del tributo, ricade in pratica esclusivamente sugli albergatori.
Per avere un’idea del perché accade tutto questo è necessario fare un salto indietro nel tempo. Parliamo dell’epoca d’oro, quella del turismo che vedeva Ischia sbancare con milioni e milioni di presenze, con la gente che arrivava da queste parti senza che nemmeno noi riuscissimo a capire il perché. Quelli che sì che erano periodi di vacche grasse ed anche un momento di sviluppo del territorio. Ad Ischia c’era un certo Enzo Mazzella, sindaco entrato nella storia di questa terra, e lui capì che gli albergatori guadagnavano una montagna di soldi, e vi assicuriamo (ove mai ce ne fosse bisogno) che torto non aveva: e la sua politica, evidentemente anche giusta, era che andasse resa alla collettività una parte di quei benefici che accumulavano dal boom turistico. Sotto forma di tassa della spazzatura: perché è all’epoca che risale il “criterio” di distribuzione, con le imprese turistiche a sobbarcarsi quasi l’intero costo del servizio ed i proprietari di civili abitazioni a versare una quota decisamene inferiore ed irrisoria.
Gli albergatori accettavano, sì accettavano, perché all’epoca nemmeno si poteva dire che subissero la cosa passivamente. Chi gestiva un albergo nel paese era una sorta di ammortizzatore sociale, il sistema funzionava così e bene o male tutti vivevano felici e contenti. Il fatto è che però le cose sono cambiate: è arrivata la crisi, è arrivato l’euro, i tedeschi che allungavano la stagione turistica hanno fatto la stessa fine dei dinosauri (si sono cioè estinti), la tecnologia ed internet hanno portato altre località ad essere più competitive ed alla fine abbiamo risolto il problema – o creduto di farlo – prendendo la strada più breve, la classica scorciatoia: il low cost. E così le presenze sono rimaste comunque parecchie, anche se il fatturato è visibilmente calato, le aziende sono andate in sofferenza ed i ricavi non sono più quelli di una volta. Un vero e proprio terremoto, in grado di rendere insostenibile quei quattro milioni di euro che il Comune presenta come “conto salato” agli alberghi ogni anno. Qualcosa va fatto, insomma, questa non è la Inverary Road di Tiziano Sclavi dove ogni giorno era “un giorno qualsiasi di un anno che verrà”. Purtroppo.