Secondo lei come abbiamo chiuso quest’anno turistico, e cosa ci dice questo primo bilancio dal punto di vista delle presenza sull’isola d’Ischia?
«Sotto il profilo quantitativo i dati analizzati che riguardano il periodo compreso da gennaio a novembre 2014, registrano un piccolo incremento, che si attesta sul 4% di presenze ed il 6% di arrivi, in più rispetto all’anno passato. Dobbiamo considerare che la stagione turistica non era partita molto bene, soprattutto a causa degli eventi meteo sfavorevoli, che per lungo tempo hanno funestato l’isola. Probabilmente gli operatori, verificato che l’inizio della stagione era andato abbastanza a rilento, hanno pigiato l’acceleratore sulle offerte, che sono state fatte nel momento di punta, ovvero nel mese di agosto e questo ha contribuito a migliorare la performance in termini quantitativi».
Che tipologia di turismo abbiamo avuto, e quale invece abbiamo perso?
«Quello di Ischia è un mercato che si basa molto sulle presenze degli italiani. Infatti i dati ci dicono che gli stranieri occupano solo un 28% delle presenze turistiche, tutto il resto è mercato italiano. Continua pertanto questo trend che vede Ischia incapace di raggiungere mercati stranieri e soprattutto diversificati. E’ infatti importante considerare che il 70% del turismo straniero dell’isola è concentrato tra tedeschi e russi. Negli ultimi 6 – 7 anni, abbiamo avuto un trend di crescita del mercato russo di circa il 25%, ma adesso purtroppo registriamo un forte calo. Infatti, analizzando i dati, ci troviamo con un decremento delle presenze di circa il 3,3% rispetto all’anno precedente. Questo significa che, se il dato viene proiettato sul tendenziale, abbiamo avuto una crisi di più del 28%. In quanto ad una mancata crescita del 25% si somma una decrescita del 3,3%. questo è preoccupante perché il mercato russo rappresentava in termini di presenze il 50% del mercato tedesco, e quindi era un mercato al quale prestavamo moltissima attenzione. Ovviamente stiamo risentendo di una situazione economica sfavorevole legata al rapporto di cambio rublo/euro. In quanto dai dati che ho raccolto, oggi una vacanza ai russi costa dal 10% al 26% in più rispetto all’anno scorso. Questo ovviamente si rifletterà anche nella prossima stagione, non solo per quello che riguarda Ischia, ma anche per le altre mete di turismo invernale».
Quali sono le azioni da mettere in campo per far fronte a questa forte riduzione delle presenze e per migliorare l’apporto di turismo straniero per l’isola d’Ischia?
«Io non da adesso dico che noi come offerta turistica complessiva dovremmo tentare di esplorare nuovi mercati così come fanno Capri, Sorrento ed altri. Noi abbiamo un rapporto italiani – stranieri diametralmente opposto rispetto a Capri, dove le presenze italiane sono “solo” il 30% rispetto a quelle straniere che si attestano intorno al 70%. Dovremmo tentare e sforzarci, cosa che non è mai avvenuta, basti pensare che i tedeschi e i russi sono arrivati a Ischia, senza che l’isola avesse fatto granché, di andare verso mercati diversificati. A Ischia, come dicevo prima ,il grosso del turismo straniero è composto da tedeschi e russi, sempre volendo fare una correlazione con Capri, quel 70% di presenze turistiche straniere è diversificato ed infatti composto da almeno dieci nazionalità diverse. Questo significa che quando una nazione ha dei problemi, e quindi anche i suoi flussi turistici si riducono, ci sono altre nazionalità che possono sopperire al quel calo, evitando così la crisi».
In che modo, secondo lei, Ischia potrebbe aprirsi ai nuovi mercati, diversificando così la sua presenza turistica?
«Il turismo non può essere più improvvisato, questo settore rappresenta ormai il 10% del prodotto interno lordo del nostro paese. Questo è anche un settore che non è delocalizzabile, come invece spesso avviene per altre aziende che lasciano l’Italia, per nazioni più convenienti o dal punto di vista fiscale o del costo del lavoro. Per il turismo invece questo non è possibile, per vedere il Colosseo bisogna necessariamente venire in Italia. Quindi il ragionamento che faccio è questo: bisogna andare verso la domanda turistica con un approccio maggiormente scientifico. E’ necessario uscire da questa logica dell’improvvisazione, partendo da analisi macroeconomiche dei paesi che vogliamo intercettare, fino ad arrivare ad indagini sulla domanda per comprendere in maniera precisa le esigenze dei nostri ospiti. Poi bisogna migliorare le condizioni sull’isola per adeguare l’offerta alla domanda. Non basta fare feste o attività estemporanee ma ci vuole maggiore programmazione insieme ad uno studio scientifico».
Secondo i suoi studi e i dati raccolti, chi perde e chi guadagna in questa stagione che ci ha salutato. Quali sono le aziende che hanno migliorato le loro prestazioni e chi invece ha registrato un calo?
«Continuano a guadagnare quelli che hanno le concentrazioni, e che riescono a fare la politica dell’offerta low cost attenuando i costi. Ovviamente si riesce ad attenuare i costi, quando si può esercitare un’economia di scala, quindi in questo caso quando sei una grande azienda che può acquistare molto ed avere un prezzo più conveniente che ti permette anche di lanciare qualche offerta, senza perderci troppo. Le piccole imprese invece, salvo eccezioni, perdono, e sono in ginocchio. Quando parlo di piccole imprese non mi riferisco all’albergo ad una stella, una piccola e media impresa può essere rappresentata anche da un cinque stelle. Questo è un ragionamento che facciamo al netto di una situazione che fotografiamo in questo momento che ovviamente ci auguriamo tutti possa migliorare».
Qual è il futuro dell’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo di Ischia e Procida?
«L’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo è dal 1983 che è commissariata. Ovvero dal 1983 si attendeva una legge che avrebbe dovuto ben disciplinare questa istituzione, legge che però ha visto la luce solo in agosto scorso, e che probabilmente vedrà la successiva luce tra un paio di anni ancora, per i vari regolamenti regionali che si devono realizzare. La legge prevede la realizzazione di Poli Turistici Locali dove si parla di organismi pubblico privati, che dovrebbero rappresentare il governo dei territori. Poi è prevista un’Agenzia Regionale, che dovrebbe implementare le politiche del turismo. Io penso che se l’Agenzia Regionale nasce con l’idea di essere fortemente innovativa, un vero e proprio gruppo multidisciplinare in grado di governare il turismo di questi ultimi anni , tendendo presente la necessità di innovare l’offerta, in un mercato in continuo mutamento, si riusciranno a fare cose importanti e utili per il turismo. Se invece diventa un carrozzone per collocare la persona di turno che non trova diversa collazione allora noi continueremo a perdere terreno e l’Italia che si trova già al quinto posto tra i paesi più visitati dagli stranieri, scenderà ancora».