Nel 2000 l’ufficio tecnico del Comune mi ha ordinato l’abbattimento di una scala ritenuta abusiva, demolizione che io non ho mai effettuato e né mai mi è stata più richiesta: potrebbe oggi l’amministrazione, dopo tanti anni di silenzio, risvegliarsi e impormi tale abbattimento? Si può far valere la prescrizione per le ordinanze comunicali di demolizione?
Il Comune potrebbe, in qualsiasi momento pretendere l’abbattimento dell’opera abusiva, nonostante il decorso di numerosi anni e nonostante il sostanziale silenzio e l’inerzia dell’amministrazione nei confronti del proprietario abusivo. Infatti l’esercizio dei poteri repressivi in materia di abusi edilizi non incontra alcun termine di decadenza o di prescrizione e, quindi, non esiste un termine trascorso il quale l’abuso viene sanato.
Se, nell’ordinanza di demolizione, il Comune ha fissato un termine entro il quale il cittadino deve eliminare l’abuso, e questi non vi provvede, la mancata rimozione del manufatto entro il termine stabilito dall’ordinanza di demolizione comporterà semplicemente che il Comune sarà autorizzato a emanarne un’altra e, di seguito, ove tale ordinanza non venga eseguita, l’ente potrà procedere esso stesso, autonomamente, con la demolizione [1]. Ovviamente tutta la procedura avverrà a spese del responsabile dell’abuso: con la conseguenza che, se quest’ultimo non pagherà spontaneamente, l’ente potrà procedere in esecuzione forzata e con il pignoramento dei beni del soggetto in questione.
Pignoramento immobiliare: se l’asta va sempre deserta, il giudice non sospende (come in passato), ma estingue l’intera procedura.
L’ultima riforma della giustizia [1] ha introdotto una nuova causa di estinzione del procedimento di esecuzione forzata immobiliare. Si tratta di un istituto senza precedenti, sebbene mutuato da numerose sentenze che, ormai, per la loro univocità, stavano acquisendo il valore di orientamento consolidato.
Da oggi, dunque, “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
Di tanto avevamo parlato dettagliatamente nella nostra precedente guida: “Novità pignoramento casa: se non si vende all’asta, l’esecuzione termina” e in “Stop aste sulla casa: mai più procedimenti vecchi” a cui rinviamo per maggiori dettagli.
La nuova norma, però, pone già seri problemi agli interpreti, posta la genericità della sua formulazione. Essa, difatti, non chiarisce, in termini concreti e certi, quali debbano essere i criteri che dovranno ispirare il giudice dell’esecuzione nell’esercizio di tale facoltà. Proprio l’indeterminatezza letterale pone, peraltro, il problema di eventuali (e numerose) impugnative dell’eventuale provvedimento di estinzione del magistrato.
Non solo: il rischio più grosso è quello di una sostanziale disapplicazione della norma da parte del tribunale, incerto sui reali limiti della stessa, anche per non scontentare l’agguerrito popolo dei creditori, unici veri soggetti che conferiscono col giudice durante il processo esecutivo (essendo il debitore quasi sempre assente). Non dimentichiamo, a tal proposito, che il giudice potrà sempre applicare la diversa disposizione che gli consente, piuttosto che estinguere l’esecuzione forzata, di sospenderla su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, fino a 24 mesi [2].
A peggiorare il quadro e a convincerci che la riforma non troverà facile applicazione vi è anche la profonda crisi del mercato immobiliare, ivi compreso quello delle aste giudiziarie. In buona sostanza, se il prezzo base al quale viene “battuto” l’immobile non subisce una netta svalutazione (a seguito dei precedenti e infruttuosi esperimenti), sarà assai improbabile vedere formulare offerte alle aste da parte di potenziali acquirenti. Il tribunale è difatti visto come il luogo dell’affare perfetto e non certo quello dove il bene si vende al valore di mercato. Tuttavia è proprio in questo momento – quello cioè in cui il prezzo dell’immobile diviene appetibile – che il giudice dovrebbe estinguere la procedura, secondo la riforma.
La nuova norma, dunque, si pone al centro di due forti e contrapposti interessi all’interno di ogni procedura: da un lato quello del debitore che vorrebbe, quanto meno al termine dell’esecuzione, liberarsi del proprio debito; dall’altro quello del creditore di recuperare il possibile, anche se in minima parte e a costo di svendere il bene pignorato, salvo poi proseguire con altri mezzi. Conflitto che la riforma vorrebbe risolvere trovando quel giusto punto di equilibrio, ma facendolo con parole tanto generiche e vaghe da rendersi, come detto, di fatto inapplicabile.
Basti pensare alle situazioni in cui versano i condominii: il loro obiettivo non è ormai più il recupero del credito, spesso rappresentato da insoluti che si protraggono per anni, bensì semplicemente la sostituzione del vecchio proprietario debitore inadempiente con un nuovo acquirente, davvero in grado di far fronte alle spese di proprietà.
[1] Art. 19 DL. 132/2014 conv. L. 162/2014.
[2] art. 624 bis cod. proc. civ.
Breve e facile guida sul finanziamento concesso dalla banca e garantito da un immobile del debitore.
Si sente spesso parlare di “mutuo ipotecario” e di mutuo “chirografario” di cosa si tratta? e quali sono le differenze? Ce ne occuperemo singolarmente in questa breve guida.
1 | MUTUO IPOTECARIO
Cos’è l’ipoteca
Per legge, l’ipoteca è una garanzia costituita mediante iscrizione nei pubblici registri immobiliari su un determinato immobile (una casa, un terreno, ecc.): essa attribuisce al creditore il diritto di far espropriare e di far vendere detto bene con il beneficio di trattenere, dal ricavato della vendita, tutto ciò che gli è dovuto dal debitore per capitale, interessi e oneri accessori. Tale diritto di espropriazione e vendita può essere esercitato anche nei confronti di terze persone, a cui eventualmente il debitore abbia venduto l’immobile dopo l’iscrizione dell’ipoteca.
L’ipoteca è costituita con atto notarile e con la specifica formalità dell’iscrizione nei registri immobiliari, che ha efficacia per 20 anni, al termine dei quali l’ipoteca si estingue, se non è stata rinnovata alla scadenza su domanda del creditore.
Su uno stesso immobile possono essere iscritte anche più ipoteche, contraddistinte in ordine di tempo da un numero d’ordine (cosiddetto grado dell’ipoteca) e, in caso di esproprio o vendita dell’immobile, il ricavato soddisfa prima il creditore garantito da ipoteca di primo grado, poi quello garantito da ipoteca di secondo grado, e cosi via.
Il prestito della banca
Le banche concedono prestiti per l’acquisto di immobili dietro concessione di ipoteca di primo grado, a loro favore, sull’immobile stesso acquistato dal cliente; in tal modo l’istituto di credito riesce a iscrivere ipoteca con un valore molto più elevato rispetto all’apertura di credito.
Si può vendere un immobile nonostante sia ipotecato. Tuttavia, il suo valore di mercato sarà molto più basso. E ciò perché, se l’immobile ipotecato viene venduto dal proprietario, il compratore acquista un bene gravato da ipoteca, accollandosi la parte di mutuo rimasto; così che, il compratore detrae dall’immobile pattuito la quota capitale residua del mutuo e versa al venditore solo la differenza.
I finanziamenti, accordati come mutui, sono caratterizzati dalla garanzia ipotecaria, dalla natura di prestiti a scadenza media (o lunga), nonché dall’impegno del debitore di rimborsare il capitale e pagare gli interessi in base a un prestabilito piano di ammortamento.
La richiesta di mutuo può pervenire da famiglie di nuova formazione o da nuclei famigliari che intendano acquistare una residenza secondaria, da Comuni, da Enti ospedalieri, ecc.
La banca suole richiedere al cliente se il mutuo concesso riguarda la prima casa, atteso che, in tal caso, si ha un’agevolazione di tasso e un minore rischio di insolvenza, poiché ogni cittadino ha bisogno almeno di una casa.
Il mutuo ipotecario è, dunque, uno strumento complesso, che si basa giuridicamente su una pluralità di negozi giuridici, dalla cui combinazione scaturiscono prodotti bancari innovativi, mirati altre esigenze più specifiche della clientela.
Il mutuo ipotecario ordinario è un prestito che si può estendere fino a quindici anni, ma la banca può concederlo anche per una durata maggiore, purché ci sia un cespite sul quale trascrivere l’ipoteca.
Ovviamente la banca può anche non concedere il mutuo, se non può offrire la somma richiesta, avendo difficoltà di liquidità; oppure se deve concederlo a settori in crisi, dunque la banca non ha garanzie.
Se il mutuo viene richiesto da un’azienda, la banca può controllare la produttività della richiedente mediante tre istruttorie: una tecnica per il valore, una commerciale per la redditività ed una legale per stipulazione dei contratti.
Estinzione dell’ipoteca
L’ipoteca si estingue mediante cancellazione del registro immobiliare, a seguito di domanda scritta, attestante l’estinzione del debito o la rinuncia del credito o il decorso del termine ventennale.
Il codice civile [1] prevede numerose cause capaci di produrre la cosiddetta “estinzione” dell’ipoteca, con conseguente perdita della sua efficacia.
Dette cause riguardano i casi in cui:
– il debito a cui l’ipoteca è collegata viene estinto;
– il creditore dichiara di rinunciare al credito garantito dall’ipoteca;
– il creditore dichiara di rinunciare all’ipoteca;
– viene raggiunto l’eventuale termine a cui l’ipoteca è stata limitata;
– si verifica l’eventuale condizione risolutiva che prevedeva l’annullamento dell’ipoteca;
– decorrono venti anni dall’iscrizione dell’ipoteca senza che ne sia stato richiesto il rinnovo;
– il bene ipotecato perisce;
– il tribunale pronuncia un provvedimento di esproprio e ordina la cancellazione delle ipoteche.
I tipi di ipoteca
Le ipoteche a garanzia del mutuo possono essere volontarie, giudiziali e legali.
L’ipoteca volontaria è senz’altro la più diffusa delle tre e viene iscritta volontariamente dal proprietario del bene quale garanzia di un debito.
Quando si sceglie di stipulare un mutuo si sottoscriverà spontaneamente questo tipo di garanzia, ai fini della concessione del prestito.
Se il bene è cointestato ciascuno dei proprietari avrà facoltà di iscrizione per la frazione di sua competenza.
Scadenza dell’ipoteca
Le ipoteche col tempo scadono o, meglio, si prescrivono.
L’iscrizione della formalità conserva il suo effetto per venti anni e oltre tale scadenza lo perde interamente.
In realtà l’ipoteca resterà ancora annotata nei registri, ma risultando prescritta non verrà più presa in considerazione, in quanto inutilizzabile da chiunque; in tal modo, l’immobile verrà comunque ritenuto libero dal vincolo.
Se alla fine dei vent’anni il debito collegato sussiste ancora, come accade nel caso dei mutui di durata più lunga, la banca ha la facoltà di rinnovare l’ipoteca.
Purché la richiesta di rinnovo sia inoltrata prima della fine del ventesimo anno dall’iscrizione, l’ipoteca manterrà il grado attribuito all’origine.
La rinnovazione non richiede il notaio, ma è comunque gravata da spese. Dopo averle sostenute la banca ne richiederà il rimborso al debitore. Il loro ammontare massimo può essere individuato fin dall’inizio tra i costi specificati nel foglio informativo del mutuo.
2 | MUTUO CHIROGRAFARIO
Il mutuo chirografario, invece, è un mutuo fiduciario, basato solo sulla firma del cliente, ed è tipico di chi ha una busta paga o è un libero professionista, in quanto per poterne usufruire occorre dimostrare di possedere un buon reddito costante da almeno tre anni.Il mutuo chirografario, che in precedenza veniva erogato solo da banche private, ma che oggi è erogato da primari istituti di credito, è concesso a tassi agevolati ed è prescelto perché comporta una procedura snella e veloce.
[1] Art. 2878 cod. civ.