SEQUESTRI AI MARONTI, LA DIFESA: “ASSOLUZIONE”

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L’accusa chiede una pena di due mesi, la difesa invoca la piena assoluzione. E’ questa la sintesi estrema dell’udienza svoltasi ieri nel primo pomeriggio presso la sede del Tribunale di Ischia nell’ambito del processo riguardante due stabilimenti balneari situati ai Maronti, che furono oggetto di sequestro da parte degli uomini della Guardia Costiera nel gennaio scorso. Si tratta di due strutture molto note, quali il Lido Olmitello e il Bagno Muga. Queste e altre attività vennero poste sotto sequestro a seguito delle  indagini, espletate dalla Guardia Costiera e coordinate dalla Quinta Sezione reati ambientali della Procura di Napoli su molte strutture balneari situate nella Baia dei Maronti: secondo gli inquirenti  tali  strutture si discostavano dai progetti originari che prevedevano la temporanea realizzazione di “bouvette” interamente smontabili, stagionali ed a carattere provvisorio. Secondo la Procura, invece, esse sarebbero realizzate con elementi di difficile rimozione, in assenza dei titoli previsti;  inoltre non venivano smontate al termine della stagione balneare e non presentavano più il carattere della provvisorietà, recando pregiudizio anche per la visuale panoramica della Baia. Venne infatti contestata anche la mancanza dei previsti nulla-osta della Sovrintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici della Campania e dei titoli necessari per il mantenimento delle opere anche nel periodo invernale, oltre all’occupazione abusiva ed arbitraria di aree appartenenti al demanio marittimo, in difformità rispetto a quanto riportato nelle planimetrie delle concessione demaniali marittime rilasciate dal Comune di Barano d’Ischia.

I due imprenditori, rappresentati e difesi dall’avvocato Lorenzo Bruno Molinaro, hanno scelto il giudizio abbreviato, istanza subito accolta dal giudice Capuano. I due processi, pur formalmente separati, sono stati trattati comunque entrambi nella stessa udienza, a partire dallo relativo al lido Olmitello.  Di conseguenza, ieri pomeriggio è stato ascoltato il tecnico Salvatore Di Costanzo, in forza presso l’Ufficio tecnico del Comune di Barano.

È poi toccato al pubblico ministero formulare le conclusioni. Secondo il dottor Visone, il signor Francesco Paolo Di Costanzo era sì titolare di una concessione, ma per strutture leggere, facilmente smontabili, mentre la polizia giudiziaria verificò che le strutture erano lì da decenni, come testimonierebbe fra l’altro l’ossidazione del piano di calpestio. Proprio la Dia con cui si chiedeva di poter riparare la struttura per la mareggiata del ‘99, sarebbe una ulteriore testimonianza che le strutture erano rimaste lì anche durante  inverno. Secondo il p.m. dunque le strutture non potevano essere là di inverno, ma nemmeno d’estate, perché esse erano in totale distonia col titolo concessorio ( perché avrebbero dovuto  essere leggere e facilmente smontabili). Il dottor Visone ha infine chiesto il riconoscimento della penale responsabilità e la condanna a una pena di due mesi di reclusione.

La gran parte dell’udienza pomeridiana è stata occupata dalla lunga, articolata e appassionata arringa finale dell’avvocato Molinaro: il cuore della contestazione è l’occupazione abusiva, ma le opere ricadono nella stessa concessione. Quindi, secondo la difesa, in questo caso si applica l’articolo 1164 del codice di navigazione, non il 1161. Quindi una sanzione amministrativa, che esula da conseguenze di carattere penale.
Poi si è toccato il punto focale della questione: l’avvocato Molinaro ha richiamato un importante precedente giurisprudenziale secondo cui le strutture potevano rimanere non solo fino alla fine della stagione balneare, ma fino alla fine del periodo di concessione. Secondo il penalista, in relazione alla “temporaneità” (carattere di provvisorietà legato ad una limitata durata nel tempo) e alla “stagionalità” (carattere di provvisorietà legato ad una durata stagionale), occorre comprendere che si tratta di due concetti assolutamente diversi. E qui l’avvocato ha calato l’asso: le strutture si intendono “temporanee”, perché esse devono poter essere smontate tre mesi prima del termine del periodo previsto dalla concessione (nel 2020, per effetto della direttiva Bolkestein), senza alcun riferimento al termine delle singole stagioni balneari. Secondo Molinaro questo requisito è soddisfatto dalle strutture contestate: una circolare ministeriale spiega infatti il significato della “facilità di smontaggio” delle opere. In sintesi, quelle definite di difficile rimozione sono sostanzialmente quelle in muratura. E non è certo questo il caso dell’Olmitello o del Muga, infatti anche il tecnico Di Costanzo ha spiegato che si tratta di strutture comunque amovibili. Altra importante normativa richiamata dall’avvocato dei due imprenditori è la Legge regionale 10\2012, secondo cui ai detentori di concessioni demaniale marittime è consentito l’uso di stabilimenti balneari per “l’intero anno solare”. Di più: secondo la successiva legge n.16/2014  è consentito a tutti gli stabilimenti il mantenimento delle strutture amovibili senza la preventiva istanza all’amministrazione  cui si riferiva la legge 10 del 2012. La difesa ha anche prodotto in giudizio il  Piano di Utilizzazione Aree Demaniali marittime che all’articolo 19  prevede che l’obbligo di smontaggio non sussiste alla fine della stagione. L’avvocato Molinaro ha anche ricordato al giudice che in concreto, se davvero si dovesse procedere a montare e smontare le strutture ogni anno, l’azienda subirebbe una perdita secca di varie decine di migliaia di euro, che renderebbero antieconomica l’intera attività annuale.

Il penalista ha infine chiesto la completa assoluzione per Di Costanzo, per insussistenza del fatto, oltre al dissequestro della struttura. Ogni altro esito, ha detto l’avvocato, avrebbe effetti devastanti sull’attività dell’imprenditore. La discussione per il caso del Muga è stata più breve. Il Pubblico Ministero ha dichiarato che, oltre alle stesse contestazioni già sollevate per l’Olmitello, nel caso del Muga vi è da considerare anche uno sconfinamento di 14 metri quadri rispetto alla concessione. E anche stavolta ha chiesto due mesi di condanna. L’avvocato  Molinaro ha immediatamente smentito la ricostruzione dell’accusa, in quanto sarebbero state rilevate soltanto piccole difformità. Ma soprattutto,  non ci sarebbe nessuna difformità rispetto al perimetro della concessione demaniale. Circostanze che secondo il difensore di fiducia di Sergio Grimaldi non possono indurre ad altra conclusione che non sia la piena assoluzione e il dissequestro del bene. Fra una settimana dovrebbe essere nota la sentenza.