SISMA, IL MONITO DI LUONGO: «RICOSTRUIRE AL MAIO? E’ UN PERICOLO”

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Durante l’incontro al Bar Calise di Casamicciola per i 135 anni dal sisma del 1883, il professor Luongo ha iniziato da lontano il suo intervento: «Dopo il sisma del 1883 si sviluppò uno straordinario dibattito scientifico, a cui parteciparono diversi nomi prestigiosi, mentre la comunità locale fu aiutata non poco dal ministro Genala, ex garibaldino, massone, decisionista, che contribuì a far uscire quest’area dall’emergenza, arrivando sul posto a poche ore dal sisma. Non possiamo dire di aver trovato simili rapide reazioni al terremoto del 2017, a parte alcune “passeggiate” di politici dagli scarsi esiti. A fine ‘800 Ischia divenne un punto di riferimento internazionale nello studio della vulcanologia e della sismologia. La costituzione dell’Osservatorio testimonia una grande attenzione della politica di allora. Tuttavia dopo gli inizi del ‘900, si cominciò a “occultare” ogni cosa collegata al sisma, ma ci si può riuscire solo se le cose non si ripetono. Se invece i fenomeni si ripetono, le cose nascoste in precedenza provocano danni ancora maggiori. Devo ringraziare tutti gli amici di Ischia che hanno organizzato l’incontro odierno: ricordare i drammi del passato è un passo fondamentale per evitare che si ripetano. Alcuni studi sono stati effettuati, ma a mio giudizio il sisma dell’anno scorso andrebbe ulteriormente esaminato: credo che non sia stato fatto tutto il necessario per capire come comportarsi per il futuro. Su questo io sto portando avanti un lavoro che pubblicherò più avanti.  Una cosa sembra abbastanza chiara: il 21 agosto il suolo si è “fratturato” laddove si vedono i maggiori danni in superficie. Si tratta di una fascia (da noi detta frattura, o faglia) che va dal Majo al Fango, con minori ramificazioni, di un  chilometro e mezzo, ma stretta: ecco perché verso l’Epomeo e la Marina gli effetti sono stati notevolmente ridotti. Probabilmente è il Monte Epomeo ad essersi “mosso”, creando la frattura e i  danni conseguenti. Danni creati, più che dall’accelerazione, dallo spostamento del suolo. In area epicentrale, i danni in superficie sono vari, quando l’evento non avviene ad ampie profondità, e infatti si ritiene che l’epicentro sia profondo circa un chilometro: l’energia si è sprigionata in un’area ristretta coi risultati che conosciamo.  Il suolo dell’isola è in una fase di “subsidenza”, cioè si abbassa. Non ci sono invece dati sufficienti per stabilire se il sisma dell’83 sia stato provocato, come pensarono molti, da un sollevamento dell’Epomeo, cioè da una “risorgenza” dovuta all’immissione di massa magmatica. La parte settentrionale dell’isola è attualmente stabile. Quella centrale e meridionale invece si abbassa: quella che si abbassa in maniera marcata è, ovviamente,quella al confine tra Casamicciola, Lacco e Forio. Il carico del Monte Epomeo è probabilmente corresponsabile degli eventi sismici: le esperienze degli ultimi secoli portano a questa conclusione. E con tutta probabilità si ripeteranno.

Si tratta dunque di fare una scelta. Vogliamo ricostruire sul posto? Bene, ma bisogna capire con quali tecniche: come costruire, cosa costruire, e con quali garanzie. Chi fa questa scelta deve fornire queste risposte. L’altra scelta è di non ricostruire in quella zona. I tecnici possono dare le informazioni, poi tocca alla comunità compiere la scelta. Io ritengo che, siccome la fascia più pericolosa è piuttosto stretta, la scelta migliore sarebbe quella di evitare che la popolazione ritorni a costruire e a vivere su tale fascia, dove invece si potrebbe costituire un “parco scientifico” con una densità costruttiva ovviamente molto minore, finalizzato allo studio internazionale dei fenomeni sismici tipici dell’isola: un polo in grado di attrarre esperti da ogni parte del mondo. Da qui si potrebbe ricominciare con una risposta simile a quella che fu data dal Paese al sisma dell’83. Su questo, tuttavia, dovrà essere aperto un dibattito di dimensioni ampie. Se si avranno idee chiare, la scienza potrà dare un aiuto importante».