E’ ripreso ieri mattina, presso la sezione distaccata del Tribunale di Ischia, il dibattimento nei confronti di tre donne, accusate di comportamenti persecutori nei confronti di una giovane coppia foriana. Stavolta al banco dei testimoni sono state ascoltate due persone. La prima, indicata dall’avvocato di parte civile Ivan Colella, è la nonna del ragazzo oggetto delle “attenzioni” denunciate che diedero origine al processo. La signora, residente nella frazione di Campagnano a Ischia, ha confermato che suo nipote A.A. aveva una relazione con T.I., conclusasi nel 2014, e che da quel momento fino al 2016 la stessa T.I., insieme alla madre e alla zia, iniziarono a rendere la vita impossibile al giovane, nel frattempo fidanzatosi con M.M., altra vittima degli atti persecutori. Tramite le domande dell’avvocato Colella, la teste ha ripetuto le presunte minacce e le offese ricevute lungo tutto l’arco di quel biennio. Episodi che per lo più si verificavano nei pressi dell’abitazione della testimone a Campagnano, di cui ella poteva avere esperienza diretta. La donna ha spiegato che vi furono numerosi tentativi di trovare una “tregua”, una pacificazione con la famiglia delle tre imputate, ma che ogni volta essi sono caduti nel vuoto di fronte all’ostinato e ostile atteggiamento di queste ultime. In sostanza, la signora ha confermato la versione già ascoltata nell’aula dinanzi al giudice Capuano, resa sia dai due componenti della giovane coppia che dalla madre di uno di essi. Molto breve il controesame dell’avvocato Michele Calise, difensore di fiducia delle tre imputate, che ha preferito concentrarsi sull’esame del secondo testimone della giornata. Il teste, indicato dalla difesa stessa, all’epoca dei fatti era compagno di vita di una delle tre imputate, L.I., madre di T.I., ha soprattutto illustrato uno degli episodi principali di questa vicenda, accaduto durante la notte della festa di Sant’Anna nell’estate 2016. Quella sera la giovane coppia, a bordo di uno scooter, si era posizionata sulla pubblica via per assistere ai tradizionali fuochi d’artificio. A pochi metri da loro, su una vettura parcheggiata c’erano proprio le tre imputate. Tuttavia, a differenza di ciò che emerse nelle deposizioni dei testi dell’accusa, secondo cui le tre donne dettero inizio a una serie di insulti, fino a sollecitare il contatto fisico con le vittime, ieri il testimone ha dichiarato che era stato uno dei due fidanzati ad additare le tre donne, e soprattutto che nessuna ingiuria era volata all’indirizzo della coppia. L’ex compagno di L.I. ha anche negato che vi fosse stato il tentativo di tirare calci contro lo scooter della coppia, quando questa si è allontanata.
Oltre ai fatti di quella serata, c’è stato un altro episodio sul quale l’avvocato Michele Calise ha posto l’attenzione durante l’esame: si tratta di alcune consegne di pizze a domicilio, pizze ordinate presso un ristorante dove lavorava proprio una delle imputate, L.I.. La difesa ha adombrato l’ipotesi secondo cui tale circostanza fosse conosciuta dai familiari delle parti offese, e ciononostante tali ordinazioni venivano comunque inoltrate. Nella prossima udienza, fissata d’accordo con le parti per fine ottobre, saranno ascoltati altri due testimoni della difesa. Le tre persone accusate furono rinviate a processo con decreto di giudizio immediato nel dicembre di due anni fa, «per avere in concorso e in unione tra loro, con condotte reiterate minacciato, pure di morte, e molestato anche telefonicamente, nonché tramite i social network, l’ex compagno di T.I., A.A. e la sua attuale fidanzata M.M., quest’ultima perseguitata sin sotto casa e il primo sin sul luogo di lavoro […], in modo da cagionare loro un perdurante e grave stato di ansia ingenerando un fondato timore per la loro incolumità e costringendoli a modificare le proprie abitudini di vita, atteso che l’A. limita le sue uscite per il timore di incontrarle e la M. è costretta ad uscire sempre in compagnia e a frequentare luoghi non noti anche alle I.».